Testimoniare in un processo
Può capitare a tutti di essere chiamati a testimoniare in un processo e presentarsi è un un dovere sociale, giuridico e civico: contribuire a formare una decisione giudiziaria giusta è un servizio che ogni cittadino, se richiesto, deve rendere, in quanto non si contribuisce soltanto al buon andamento del processo in cui si è chiamati, ma anche, più in generale, al buon funzionamento della Giustizia nel suo complesso.
Per questo motivo non è possibile rifiutarsi di comparire e, se non si compare, il giudice può condannare al pagamento di una sanzione pecuniaria (di importo compreso tra € 51 e € 516) a favore della cassa delle ammende, nonché delle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa, ai sensi dell’art. 133 c.p.p. Può anche disporre il c.d. “accompagnamento coattivo”, cioè ordinare alle forze dell’ordine di prelevare il testimone e condurlo in udienza per assumere la sua deposizione.
Se la sanzione fosse stata irrogata ingiustamente, è possibile richiederne la revoca specificando le ragioni della mancata comparizione (ad esempio, il fatto che la citazione sia stata notificata a un indirizzo sbagliato).
Solo nel caso in cui ci sia un impedimento grave, il testimone può comunicarlo alla cancelleria del Giudice che procede, allegando le ragioni dell’impedimento (ad esempio un certificato medico che attesti l’impossibilità a comparire in quella data). In questo caso, verrà citato per un’udienza successiva.
Nel caso in cui il testimone abbia un impedimento permanente, come una malattia grave che lo costringa in casa, il giudice può ordinare la c.d. “prova delegata”, inviando un magistrato presso l’abitazione del testimone impossibilitato a muoversi.
L’art. 366 c.p. punisce il testimone che ottiene con mezzi fraudolenti l’esenzione dall’obbligo di comparire o di prestare il suo ufficio.
Il datore di lavoro non può impedire al dipendente di assentarsi per testimoniare in tribunale.
Gran parte dei contratti collettivi prevedono che, nel caso di obbligo di fornire la testimonianza, spetta un permesso retribuito dal lavoro.
È importante che il dipendente dia immediata notizia all’azienda della necessità di assentarsi per rendere la testimonianza, per consentire al datore di organizzare l’attività anche in sua assenza, fornendo una copia della citazione che ha ricevuto. Dopo aver testimoniato, è bene si farsi rilasciare un certificato di testimonianza da presentare al datore di lavoro, anche per ottenere la retribuzione relativa alla giornata di lavoro persa.
Quando si riceve la citazione, che può essere redatta da un avvocato o dal Pubblico Ministero, tramite raccomandata o tramite una notifica eseguita dall’Ufficiale Giudiziario, occorre fare attenzione a tutti i riferimenti in essa contenuti per capire dove e quando occorrerà presentarsi.
È bene sapere che lo stesso Giudice, durante un’udienza, tratta decine di processi, per cui l’orario indicato è solo orientativo. L’esame del testimone dura pochi minuti, ma l’attesa che il processo venga chiamato può protrarsi anche per ore, pertanto è meglio organizzarsi, almeno, per l’intera mattinata, tenendo presente che a volte si potrebbe essere sentiti anche nel pomeriggio.
Non è possibile conoscere il momento esatto in cui il processo verrà chiamato, quindi è meglio non allontanarsi troppo dal luogo in cui viene tenuta l’udienza.
È bene arrivare con anticipo perché occorrerà cercare l’aula in cui viene tenuta l’udienza; inoltre, si potrebbe perdere del tempo ai controlli di sicurezza all’ingresso.
A volte, dalla citazione si desumono anche i fatti su cui si dovrà deporre. Nel caso in cui non si abbia idea del motivo per cui si è chiamati o si sia certi di non sapere nulla in merito ai fatti per i quali si verrà interrogati, si può contattare telefonicamente l’avvocato che ha redatto la citazione o l’Ufficio, al fine di ricevere chiarimenti.
A questo proposito è bene specificare che l’uso di alcuni avvocati di avvertire in anticipo il testimone del fatto che verranno chiamati a deporre davanti al giudice e leggere loro le domande che verranno poste in udienza, è un comportamento deontologicamente scorretto se volto a esercitare forzature o suggestioni finalizzate a conseguire deposizioni compiacenti al proprio assistito. Ma il semplice colloquio tra il legale e il testimone volto a fornire chiarimenti in merito all’oggetto della causa è senz’altro consentito.
Questo perché, se ad esempio nel corso del colloquio, il legale si rendesse conto che la testimonianza del testimone citato è superflua o inutile, allora potrebbe decidere di rinunciare a sentirti come testimone. La rinuncia, tuttavia, per essere efficace, deve incontrare il consenso anche della parte avversaria.
Il testimone ha l’obbligo di rispondere secondo verità alle domande che gli sono poste. Non a caso, prima della deposizione deve fornire le sue generalità e leggere una formula, che gli mostra il giudice, e che costituisce un impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di ciò di cui è a conoscenza, con avvertimento che, in caso contrario, scattano sanzioni di tipo penale.
Infatti, l’at. 372 c.p. punisce il reato di falsa testimonianza, che è commesso quando:
- si afferma il falso in malafede;
- si nega il vero in malafede;
- si dice di non ricordare un fatto che, invece, si conosce bene (reticenza).
Si tratta di un reato grave, punito con la pena della reclusione da due a sei anni, e procedibile d’ufficio, il che significa che non è necessario che una delle due parti sporga denuncia, già potendo il giudice rinviare gli atti (il verbale d’udienza) alla Procura della Repubblica affinché proceda contro il falso testimone.
Pertanto, per evitare l’incriminazione per falsa testimonianza, laddove non si sia fermamente convinti di ciò che si dice, è prudente specificarlo.
Esiste una sola eccezione: non è punibile chi commette falsa testimonianza per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se stesso o un prossimo congiunto da una condanna penale (art. 384 c.p.).
Non esiste un obbligo di ricordare e di ricordare esattamente, anche perché, molto spesso, il processo nell’ambito del quale viene assunta la testimonianza si svolge dopo anni dai fatti, ma è comunque importante che chi può contribuire a ricostruire la verità storica, lo faccia con la massima collaborazione e il massimo impegno.
Nessuno può esercitare pressioni sul testimone per indurlo a testimoniare, ad esempio con minacce o indebite promesse.
Il testimone deve dichiarare solo ciò che ha percepito direttamente con i propri sensi e in prima persona, astenendosi dal fare valutazioni personali e dal parlare di fatti che gli sono stati riferiti da altri, a meno che non indichi nome e cognome della persona che glieli ha raccontati, in modo che anche questa possa essere sentita come testimone nel corso del processo.
Questo perché la testimonianza che contenga valutazioni personali o fatti conosciuti da terzi fa sì che le dichiarazioni non possano essere prese in considerazione dal giudice. Nel processo interessano i fatti, non le opinioni, non le voci correnti, né i pettegolezzi.
Il fatto di essere stato indicato come testimone da una parte non significa che “si sta dalla sua parte“, dato che il testimone deve comunque rispondere secondo verità. Non è possibile opporre ragioni di riservatezza (privacy) alle domande.
Potrebbe succedere che i testimoni di una parte affermino un fatto e quelli dell’altra parte un altro. In questi casi il giudice valuterà quale testimonianza ritiene più attendibile o potrebbe decidere di sentire i testimoni insieme, mettendoli a confronto per verificare chi mente.
NEL PROCESSO PENALE
Il processo penale si celebra alla presenza del pubblico. Il Giudice, o i Giudici, siedono ad un banco sopraelevato; di fronte alla loro destra, c’è il banco della pubblica accusa (il Pubblico Ministero) e, alla loro sinistra, quello dei difensori. Il testimone è abitualmente collocato tra il banco del Giudice e quelli delle parti in modo da essere visibile contemporaneamente a tutti e, normalmente, deve parlare in un microfono per poter essere non solo sentito agevolmente, ma anche registrato.
Il testimone è esaminato innanzitutto dalla parte che lo ha citato (esame diretto) e, successivamente, potrà essere interrogato dalle altre parti (controesame), che potrebbero cercare di ottenere ulteriori informazioni sui fatti, o di contraddire la testimonianza già resa nella prima fase, o di dimostrare l’inattendibilità del testimone. Chi ha citato il testimone potrà, dopo il controesame, porre ulteriori domande per ottenere chiarimenti sulle precedenti risposte (riesame).
Se il Giudice lo riterrà necessario, porrà a sua volta domande.
Occorre rispondere a tutte le domande a meno che, a seguito della opposizione alle stesse avanzata da una delle parti, il Giudice ordini al testimone di non rispondere.
Nel processo penale il testimone non è obbligato a rispondere (ma se vuole può farlo) a domande le cui risposte potrebbero provocare la propria incriminazione per qualche reato.
Alcuni soggetti possono astenersi dal testimoniare:
- I prossimi congiunti dell’imputato (art. 307, c. 4 c.p.) che hanno la facoltà e non l’obbligo di testimone salvi i casi disposti dall’ art. 199, c. 1 c.p.p. Questi, così come i conviventi, hanno diritto di essere avvertiti della facoltà di astenersi dalla testimonianza: se però decidono di rispondere, sono tenuti a dire la verità.
- Gli ecclesiastici cattolici e i ministri delle confessioni i cui statuti non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria (art. 200 c.p.p.)
- Gli avvocati, i notai, i medici e tutte le categorie tenute ad osservare il segreto d’ufficio salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria (art. 200 c.p.p.)
- I pubblici ufficiali sulle materie coperte dal segreto d’ufficio salvi i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria (art. 201 c.p.p.), politico o militare.
NEL PROCESSO CIVILE
Nelle cause civili il testimone viene ascoltato nello studio del Giudice alla presenza degli Avvocati e delle parti. Sarà il Giudice a porre le domande e le risposte saranno subito verbalizzate.
Gli Avvocati possono chiedere al Giudice di porre ulteriori domande o di avere chiarimenti sulle risposte
Tuttavia, talvolta, per accelerare l’esecuzione delle prove, gli avvocati vengono delegati dal Giudice a sentire i testimoni, per poi procedere alla sola integrazione e chiusura del verbale davanti al giudice.
RIMBORSO DELLE SPESE
Il testimone, svolgendo una funzione di primaria rilevanza, anche sociale, non può pretendere compensi per essersi presentato a deporre, ma ha diritto a essere tenuto sollevato dalle spese che ha dovuto sostenere per recarsi a testimoniare. La promessa o l’offerta di compensi diversi o superiori devono essere rifiutate ed eventualmente portate a conoscenza del Giudice.
Articolo a cura di Avv. Marta Maestripieri